Ultimamente sempre più spesso mi imbatto in letture di articoli su vari quotidiani online di settore e generalistici con titoli come “Finita l’era del programmatore, ormai c’è l’AI”.
Non corrisponde alla realtà ed è forviante ed allarmistico.
Da più di un mese ormai uso l’AI come ausilio alla programmazione ed in generale per la realizzazione di “semplici” progetti sistemistici IT.
Semplici è fra virgolette perchè sia per mie necessità che per test ho sottoposto di volta in volta a varie AI (chat-gpt 3.5, chat-gpt 4, Gemini Advanced, Claude) vari mini progetti da realizzare in ambito Linux.
Il risultato non è assolutamente quello che leggendo certi titoli ci si può immaginare.
L’AI da un’idea non riuscirà a realizzare un codice completo che sia in Python o semplicemente in bash che funzioni a primo colpo malgrado la dovizia di particolari forniti.
Spesso anche all’interno della stessa interazione perde il focus sul codice scritto in precedenza e quindi alla vision del progetto stesso. E’ invece brava a lavorare su piccoli segmenti o a disegnare in generale la struttura di un progetto.
Parliamoci chiaro, non sto affatto sminuendo le capacità tecniche dell’AI che è risultata comunque fondamentale nella realizzazione dei miei piccoli progetti ma voglio semplicemente spiegare ai neofiti che non basta dire “fai questo” per avere un programma funzionante.
Seppur banale è importante sottolineare che l’AI ti aiuterà a patto che tu sappia di cosa parli. Questo significa che se non sai nulla di Linux o di Python non riuscirai a far realizzare all’AI nulla che non sia estremamente facile e che potresti da decenni trovare come esempio didattico usando Google.
Non è detto che i modelli più capaci siano anche i più efficaci: la loro positiva attitudine a spiegare tutto li porta a perdere la visione di insieme. Ne consegue che se didatticamente sono superiori ai modelli più semplici nella pratica è più facile che ti portino sulla strada sbagliata e/o meno efficace al raggiungimento dell’obiettivo.
In due parole se non sai programmare usa piuttosto l’AI per imparare perché in quello è sempre ottima maestra. La capacità di spiegare concetti anche ostici con esempi annessi è di sicuro impareggiabile.
Inoltre quanto scritto in precedenza sull’AI empatica risulta applicabile anche in questi casi.
Con una continua interazione l’AI apprenderà anche il tuo livello di preparazione e di conseguenza, sarà più facile sia per l’AI che per l’utente risolvere progetti sempre più complessi in modo efficace.
Interagire è la chiave. La collaborazione è il “must”.
In conclusione l’AI è un’ottima maestra ed ottimo collaboratore per tutti i sistemisti e programmatori che hanno già un background adeguato al progetto da portare a termine, ma , ad oggi, non sostituisce nessuna delle figure tecniche menzionate.